mercoledì 27 marzo 2019

Rispondo a...





...chi mi chiede quanto valgono
i complimenti in teatro:
zero! Credete solo al regista che di solito dice la verità
ma gli attori più fragili
vanno  lasciati nella loro illusione. 
-o-

...chi mi chiede se sia migliore
 la strada delle parole o della regia:
 non ci sono  voci belle o brutte  ma solo voci usate male. Conta   rispettare la parola  con le sue ombre, con i suoi riflessi, con la sua personalità, con la sua pronuncia e senza cadenze. Né va dimenticata   la forza della respirazione.
-o-
... chi mi chiede come si diventa attori:
 quando i miei compagni guardavano 'Carosello', ...io guardavo i miei compagni....
-o-
...chi mi chiede come sono le attrici donna, rispondo
con una storiella di ambiente orientale :
un emiro assilla il Genio e gli chiede di essere molto intelligente.
Il Genio lo accontenta. Poi l' emiro si fa più esigente
e chiede il cervello più lucido che ci sia.
" L'avrai, risponde il Genio...ma ti verranno le mestruazioni "
-o-
...chi mi chiede se sono esigente con i miei attori:
chiedo risultati, non simpatia!



... chi mi chiede se si può cambiare identità in scena:
si può perfino rovesciare il cielo.
-o-

... chi mi domanda come si fa a decollare:
se lo sapessi! Comunque non quando
hai le ali di marmo...
-o-
...chi mi chiede che peso hanno le parole, come se io sapessi rispondere:
gli angeli possono volare perché credono nelle diete
e sono magri, sono profili !



... chi mi chiede cosa leggere: chi non ha mai letto 'Le città invisibili ' di Calvino
è come se avesse vissuto, dormito nel fondo di una cantina.
-o-
...  chi mi chiede che cosa è un paradosso:
una volta Totò partecipò ad un concorso
'per sosia di Totò' ed arrivò terzo!
-o-
...chi mi chiede quanto dura l'effimero, dentro e fuori il teatro: le opere di B. Russel
furono definite lascive, libidinose, sensuali, erotiche, afrodisiache,
irriverenti, grette, false, prive di contenuto morale.
Dieci anni dopo, nel '50, gli dettero il Nobel per la letteratura.
-o-
...chi mi chiede quali siano le parole più ricorrenti nella nostra lingua: le voci italiane più ricche di varianti (sinonimi) sono ‘morire’ e ‘prostituta’.
-o-
... chi mi chiede quanto vale come attore: chiedi il doppio della cifra che hai in mente:
è la metà di quello che ti dovrebbero dare...e che meriti. Occhio però,
questa è una società che non sa fare i conti.
-o-
 ...chi mi chiede se c'è un legame tra persona/attore e personaggio: guardo, quando posso, i visi delle persone/attori, nella vita e in teatro concentrati nel ruolo e noto il malessere dell'attore/persona che subisce il personaggio e anzi gli permette di dominare. Errore. Così si perde il controllo: la persona diventa schiava del ruolo. Lo serve, si concede, gli delega l'iniziativa. Se in scena il personaggio prende il sopravvento, l'attore dimentica le battute, cade nella disperazione dei vuoti di memoria e soffre attacchi di panico. Perde il ruolo dominante e il controllo intellettuale. Sembra che si spacchi ed è qui che, di rinuncia in rinuncia, l'attore/persona si frantuma nel ruolo di pagliaccio, caricatura, macchietta.
Se non stai attento...Amleto ti mangia in un boccone!
-o-
...chi mi chiede fino a quando avremo bisogno delle parole:
il cronoma è un frammento spaziotemporale,
unico per ciascuno di noi come unico è il genoma.
Si tratta di un frammento capace di portarci nel cuore della solitudine assoluta,
dove non siamo noi a guardare l'anima ma è l'anima che osserva noi.
Significa che il mio mondo di parole e il tuo si dissolveranno
e non resterà che un linguaggio poco al di sotto del sublime.
-o-
...chi mi chiede quanto conta il talento sul palcoscenico.
Rispondo con un paradosso di O.Wilde:
in ogni creazione artistica conta per il 5%
l'ispirazione e per l'altro 95% ci vuole la 'traspirazione' ( sudore).
-o-
...chi mi chiede quali sono le difficoltà di un attore: contro l’attore, sovente, c’è tutto: il teatro stesso come edificio, troppo grande, troppo piccolo, troppo freddo, troppo caldo, i fumi, le polveri, i rumori, le luci che accecano, i colleghi,
il regista, spesso sgarbato, tiranno o, peggio, incompetente,
il pubblico che, due volte su cinque ha le paturnie...
L’attore dal palco riesce a vedere i visi di coloro che siedono sulle prime poltrone,
illuminati dal riverbero del boccascena e quei visi sembrano dire: 'fammi ridere o fammi piangere...perché io ho pagato il biglietto...!’
Inoltre, l’attore ha contro 'anche se stesso' e cioè i suoi propri umori, la sua vita privata,
la difficoltà di ricordare la parte e, per sommi capi anche quella dei colleghi, gli abiti che indossa, le sue frustrazioni, le sue resistenze, i suoi pudori, la rabbia inesprimibile di soggiacere al potere intellettuale di un altro.
Deve ricordare cosa dire, dove dirlo, quando dirlo,
attento a non impallare i colleghi, né a farsi impallare... e se poi gli riesce deve anche essere più che bravo...elegante, geniale, seducente per meritarsi paga, stima, applausi...scavando, spesso dolorosamente, nella ricerca della perfezione possibile. Una sola cosa è a sua favore: l’Autore, specie quando è un Grande.
E infatti l’Autore gli mette a disposizione tutto ciò che serve:
la storia, i fiati, i respiri, i silenzi, l’azione, le magie del linguaggio;
gli fornisce, insomma, la sintesi tra sostanza e forma,
ovvero il fascino perfetto della parola scritta e la suggestione della parola detta.
Questo è il vero potere dell’attore e nello stesso tempo la sua croce,
che gli permette di portare la platea, in un grande abbraccio emozionale,
dove si piange e si ride e dove si accetta la finzione come un regalo.
Ma ciò avviene solo se l’attore e il suo regista, al quale deve abbandonarsi, rispettano l’Autore:
in caso contrario anche l’Autore gli si rivolta indignato
e ciò determina la frana, il fallimento.
L'attore è un chirurgo, per lo più intimamente triste e solitario, che opera a cuore aperto:
se non è delicato e sapiente... il paziente muore.
-o-
... chi mi chiede di leggere le 'sue' poesie, o i 'suoi' diari, o la 'sua' autobiografia: ora che 'PAROLAZIONE' ha allargato il consenso e la considerazione , alcuni autori bussano alla mia porta .
Il che mi lusinga e, in certi casi, mi stimola.
Preparare un testo, però, complicato o semplice, firmato o anonimo, significa per me lavorare sodo per mesi, perché lo sforzo che cerco e che chiedo è assoluto.
E' intuitivo che la motivazione deve essere necessariamente forte.
Indifferente mi lasciano le proposte, spesso arroganti, che nascondono soltanto
l'inelegante bisogno di nutrire un ego affamato.
-o-
...chi mi chiede come si fa ad entrare nel mio gruppo : basta conoscere la dizione o volerla imparare. Basta arrendersi al regista prima ancora di stimarlo.
-o-
...chi mi chiede informazioni sui miei attori: per ricevere qualcosa dagli attori bisogna sempre chiedere. Io ai miei chiedo tutto, anche quello che pensano di non avere. E in cambio che cosa ottengo? Ciò che continuamente chiedo a me stesso: ' la perfezione possibile'.
-o-
...chi chiede informazioni sul mio corso di DIZIONE:
20 lezioni di due ore, una sera alla settimana, dalle 21 alle 23.
(Adolfo Milani)
-o-



6 commenti:

Anonimo ha detto...

Il lato debole? Io conosco meno di 1000 parole.Devo arrangiarmi con quelle. fir.to: passo ridotto.

Anonimo ha detto...

Ehi.., anch'io conosco meno di 1000 parole e cerco di arrangiarmi come meglio posso, ma con questo non devo mica fermarmi lì. Comunque complimenti a coloro che hanno dato vita a questo bel blog ... ma quando cominciamo a bloggare di cultura??

Anonimo ha detto...

Comincia tu, dai!

Anonimo ha detto...

Henschel..L' indifferenza è dovuta alla mentalità tecnocratica, ricca di superficialità e capace di produrre solo una visione mediocre dell'umano.

Per capire il problema dei bisogni, dobbiamo affrontare il problema dell'uomo, che ne è il soggetto.



ORO INCENSO E BIRRRRRRRA

PAROLAZIONE ha detto...

... direi che il nostro problema non è affermare noi stessi ma...uscirne.Ciao

Anonimo ha detto...

COME si fa ad entrare nel tuo GRUPPO?